il libro

Infinite Jest ∞ 32-37

I APRILE – ANNO DEI CEROTTI MEDICATI

I commenti più frequenti che ho letto in rete sono: “facilmente ti perdi”, “mi sono perso”. Quindi vorrei evitare e mi sono imposto una maratona dal ritmo lento ed incostante con tante pause e riletture per non smarrire la strada dell’impresa.

La vita frenetica in cui non siamo che ingranaggi impazziti, ci toglie il respiro per non parlare della bestialità del momento pandemico che da due anni ci ha cambiato l’esistenza, alcuni dicono anche il DNA. Quindi, metto in stop la realtà e riprendo la conoscenza di Hal nell’anno dei cerotti.

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«Hai quanti anni, Hal, quattordici?»

«Ne avrò undici a giugno. Lei è un dentista? È una specie di consulto dentistico?»

«Sei qui per conversare».

«Conversare?»

«Comincerò io, chiedendoti se conosci il significato di implorare, Hal».

Sintetizzare il testo di questo scherzo infinito è impossibile se non sacrilego, ma l’intento è anche annodare i fili del racconto. Un primo accenno della mamma e del fratello di Hal l’ho già trovato subito nel primo capitolo, è un ricordo infantile di Hal a quattro anni. Adesso ne ha dieci, ma può mai esistere un ragazzo così pronto, a quell’età, a fronteggiare domande subdole, tanto da rovesciare a suo vantaggio, la conversazione con un adulto che lo mette alla prova, alla vigilia dell’ennesima partita importante di tennis? A dieci anni?

«Ti chiedo di nuovo se conosci implorare, signorino».

David

«Signorino?»

«Porti il farfallino, dopotutto. Non ti pare un invito a farti chiamare signorino?»

«Implorare è un verbo regolare, transitivo: invitare o chiedere, con suppliche; pregare qualcuno, o per qualcosa, ardentemente; invocare; scongiurare. Sinonimo debole: esortare. Sinonimo forte: supplicare. Etimologia non composta: dal latino implorare, im cioè “in”e plorare cioè, in questo contesto, “piangere sonoramente”. Oed. Condensato Volume Sei pagina 1387 colonna dodici e un pezzetto della tredici».

Ecco che l’irreale diventa solida presenza a se stesso, anzi l’esaltazione del suo genio:

«A volte mi cazzottano ben bene all’Accademia, per delle cose tipo queste. Ha qualche relazione col perché sono qui il fatto che sono un giocatore di tennis juniores classificato a livello continentale che sa anche recitare grossi pezzi di dizionario, verbatim, a piacere, e ogni tanto viene cazzottato, e porta il farfallino? Lei è uno specialista per ragazzi dotati? Significa che pensano che sia dotato?»

Adulto? Quale? Perché? Uno strizzacervelli? Entra in scena il padre.

«Hal, sei qui perché sono un conversazionalista professionista, e tuo padre ha fissato un appuntamento con me, per te, per conversare».

«Non cominci a guardare l’orologio come se le stessi portando via tempo prezioso. Se Lui in Persona ha fissato un appuntamento per il quale ha pagato, il tempo dovrebbe essere mio, giusto? Non suo. E comunque, che cosa dovrebbe significare “conversazionalista professionista”? Un conversazionalista è solo uno che conversa molto. Davvero lei chiede un compenso per conversare molto?»

Un professionista della parola? Ecco la sfida oltre la normalità di avere genitori, per quanto speciali, inizia lo scontro con il problema di non parlare, come di un mare di parole senza l’acqua su cui galleggiare.

«Lui in Persona ha ancora quest’allucinazione che io non parlo mai? È per questo che istiga la Mami a farmi pedalare fin quassú? Lui in Persona è il mio babbo. Lo chiamiamo Lui in Persona. Come tra virgolette “l’Uomo in Persona”. Proprio cosí. Chiamiamo mia madre la Mami. Il termine è stato coniato da mio fratello. So che non è una cosa inconsueta. So che nella maggior parte delle famiglie piú o meno normali i membri si rivolgono l’uno all’altro per mezzo di nomignoli, appellativi e soprannomi. Non si faccia nemmeno venire in mente di chiedermi qual è il mio soprannome privato».

Allucinazioni… e la messa in discussione dell’autorità, del nessuno, del professionista diventato entusiasta della parola, l’avanzo che diventa convulsione, prima della trasformazione.

«Ma Lui in Persona ha delle allucinazioni, a volte, negli ultimi tempi, bisogna che lei lo sappia, anche perché siamo partiti da lí. Mi chiedo perché la Mami permetta che lui mi mandi a pedalare controvento fin quassú in cima alla collina quando alle 1500h ho una partita importante solo per conversare con un entusiasta con la porta senza targhetta e nessun diploma in vista».

«Parlarmi è un divertimento. Io sono un professionista consumato. La gente lascia il mio studio con le convulsioni. Tu sei qui. È tempo di conversazione. Vogliamo discutere l’erotica bizantina?»

Il rapporto di forza tra visione e realtà si è già invertito, ma bisogna leggerne la magia… come la costruzione ai misteri, di spionaggio e di rivolta, nascosti nelle vite dei genitori di Hal… il bimbo si difende, cerca la fuga, un’uscita, vorrebbe non sporcarsi.

«Ho dieci anni, per la miseria. Mi sa che forse c’è un po’di casino nella sua agenda di appuntamenti. Io sono il dodicenne prodigio tennistico e lessicale la cui mamma è la punta di diamante a livello continentale nel mondo accademico della grammatica prescrittiva, e il cui babbo è figura di spicco nel mondo della visione e del cinema avant-garde e ha fondato da solo l’Enfield Tennis Academy, ma beve Wild Turkey alle 5 del mattino e certi giorni crolla a terra di lato durante i palleggi della mattina, mentre certi altri si lamenta perché vede le bocche delle persone muoversi ma non ne esce niente.

David

«…che l’introduzione da parte di lei di steroidi mnemonici esoterici –stereochimicamente non dissimili dal supplemento ipodermico quotidiano “megavitaminico”di tuo padre, derivato da un certo composto organico per la rigenerazione testosteroidea distillato da uno sciamano jivaro del bacino centromeridionale di Los Angeles –nella tua ciotola mattutina di innocenti cereali Ralston…»

«Che la composizione a formula supersegreta dei materiali in resina di polibutilene policarbonato rinforzata da grafite ad alta resistenza dei racchettoni forniti dalla Dunlop in, tra virgolette, “omaggio” è organochimicamente identica, e dico identica, al sensore a bilanciamento giroscopico e alla carta di stanziamento mise-en-scène e alla cartuccia priapistico-intrattenitiva impiantate nientemeno che nel cerebro anaplastico del tuo padre di grande livello dopo la crudele serie di disintossicazioni e trattamenti anticonvulsivi e gastrectomia e prostatectomia e pancreatectomia e fallotomia…»

Il vulcano erutta, non è uno scherzo, un pesce d’aprile: l’adulto ingannatore appare evidente, mostruoso si è trasfigurato nella sua mente, nel suo dolore, nella sua mancanza. Un essere trapiantato con organi futuristi dopo la rimozione totale di tutti quelli che servono per vivere. O un alieno o una allucinazione. Ecco il risveglio, la ripresa dei sensi e del regalo fisico della comprensione, la carezza al lettore per portarlo dentro la storia che ha in mente l’autore.

«E adesso mi accorgo che quel gilet di maglia a losanghe l’ho già visto, indiscutibilmente. Quello è il gilet di maglia a losanghe di Lui in Persona, riservato alla cena del Giorno dell’Interdipendenza, che lui si fa un vanto di non aver mai fatto pulire. Conosco quelle macchie. C’ero anch’io per quella chiazza di vitello al marsala lí sotto. È una cosa che ha a che vedere con le date tutto questo appuntamento? È un pesce d’aprile, Papà, o devo chiamare la Mami e C.T.?»

«… E chi dopo tutta questa luce e questo rumore ha propagato lo stesso silenzio?»

«Papà, … Non posso starmene qui seduto a guardarti pensare che sono muto mentre il tuo naso finto punta verso il pavimento. E senti che sto parlando, Papà? La cosa parla. La cosa accetta la gazzosa e definisce implorare e conversa con te».

Lui in persona, HAl, conversa adesso con l’assenza, con il bisogno di rompere i frantumi del terrore, l’irreparabile già compiuto. Il desiderio di conversazione con il padre che forse non c’è più?

«Pregando per una sola conversazione, dilettantesca o meno, che non finisca nel terrore? Che non finisca come tutte le altre: tu con gli occhi fissi e io che deglutisco?»

Beh, io vedo l’implorazione di un tormento mai sanato, la scena ghiacciata del dolore. Se questa è una allucinazione, l’anno dei cerotti avrà tanto sangue ancora da tamponare.

quebec city skyline in winter
Quebec – CANADA – Photo by Julius Romeus on Pexels.com