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tornare ai ragazzi della via Pal

Tenersi tutto dentro non è mai una buona idea, anche esternare tutto non è proprio salutare, si commettono errori specie come dice Malinconico di Diego De Silva, per iscritto: sono prove a carico, spesso di aiuto all’accusa, non certo alla difesa ma rileggendo oggi questo post su “Le notti della macumba” di Piera Carlomagno, la sua prima opera dopo averne letto l’ultima, #nerolucano, con un salto temporale di ben dieci anni, avverto la necessità di riflettere ad alta voce: le montagne si scalano e da ogni vetta raggiunta si vede la prossima, una montagna più alta, più luminosa e difficile da raggiungere, si sente il brivido del desiderio di quello che non basta mai.

Non parlo del successo ma della soddisfazione data a se stessi nella realizzazione della propria opera, il sacrificio, la ricerca, lo studio, il lavoro vero, l’arrampicata a mani nude dello scalatore che respira roccia nuda o ghiaccio friabile, sempre in carenza di ossigeno. Benedico il giorno in cui il coraggio di osare mi ha lanciato su una vetta oggi alla portata di tutti, l’auto pubblicazione, pubblicare un libro, non tanto per la rovinosa caduta (ma anche quella, gioiosa come la discesa di una montagna russa) ma per il desiderio nato che si è fatto nascita ed epifania, il desiderio della lettura, senza il quale ogni tentativo di scrittura è solo esercizio estetico, molto social forse, molto distratto senza passione, solo un esercizio di se e non degli altri con le loro storie non raccontate. Questa la ragione di questo mio primo post da “nuovo lettore” di cui avvertivo l’urgenza ma mi sfuggiva l’essenza. Quindi allora, anche se solo di pochi giorni fa si tratta, sulla mia pagina condividevo solo ciò che un amministratore di un gruppo importante come quello di Rai Cultura, aveva autorizzato, rendendolo degno di essere letto. Mi hanno pubblicato è questa la differenza, l’eterno desiderio di essere accettati, l’eterno infantile, forse, eterno per quanto possa durare una vita a sangue caldo.

Ho la mia pietra grezza da curare #ilterzolivello, ma mi dicono che devo passare oltre, si vedrà ma questo non è l’importante, sarà necessario se scocca dentro la scintilla, l’importante è il fuoco dell’anima che va curato e mantenuto, la lettura vera e approfondita, perché la differenza che esiste tra la prima e l’ultima opera di Piera, testimonia la scalata, la crescita, la formazione, l’evoluzione, l’eccellenza di cui oggi sono ammirato, una fortuna, una sorpresa che ad altri è negata perché l’hanno vissuta giorno dopo giorno, anno dopo anno, una sorpresa improvvisa immensa per me perché io (fortunato?) l’ho vista tutta in una volta, una sorpresa improvvisa immensa come quella sui cui ci invita a riflettere Eduardo in “Napoli Milionaria”, che, in una sola volta, ha visto le fortune economiche della borsa nera che hanno fatto ricca una moglie diversa da quella lasciata, andando in guerra.

“A te t’hanno fatto impressione pecché ll’he’ viste a ppoco ‘a vota” […] A me, vedenno tutta sta quantità ‘e carte ‘e mille lire me pare nu scherzo, me pare na pazzia…”

ecco, uno scherzo, una pazzia definire una “scrittura” la mia, un oblio perché non si tratta di me, non si tratta di “‘e ccarte ‘e mille lire… ” si tratta della tanta vita che la lettura ci fa vivere con le parole, le frasi e le pagine che rapiscono. Quindi, per tutto quanto scritto, a futura memoria, confermo:«ne voglio ancora!»

ps. come non ringraziare Marco Peluso che (io leggendo lui) mi ha fatto sentire a mio agio e assolutamente contento e consapevole di stare comodo in fondo al burrone, esso stesso montagna da scalare prima di arrivare alla roccia vera da comprendere, o come adesso mi viene in mente, nell’acqua del mare, dentro, come prima, molto prima degli esseri preistorici che emersero per respirare l’aria abbandonando branchie seccarsi al sole… grazie ragazzi … e ragazze (se no mi gioco il genere preferito) ho voglia di tornare a via Pal, lasciata troppo in fretta troppi decenni fa …

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