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“Insomma, Wallace o piace troppo o non piace per nulla”

Caro Diario, se non lo scrivo a te finirò per dimenticare. Marx fosse vissuto oggi si sarebbe divertito un mondo a trovare nel suo smartphone geolocalizzato, ovviamente Apple, con misurazione di pressione e battito cardiaco al tocco dell’impronta teutonica del pollicione, trovare tra le mappe in tempo reale dei flussi d’informazione dalle varie guerre sul terreno, tra un video Tik-Tok e un’offerta Amazon, dai mille satelliti che abbracciano il mondo, trovare dicevo, tracce della sua caduta tendenziale del saggio di profitto sulle onde impetuose del debito globale di una Terra divisa in famiglie, governi, imprese e società finanziarie. Impero multinazionale allora era già passato.

Un lavoraccio da risolvere con la matematica quantistica che all’epoca di Marx non c’era. Ecco il tempo reale, il momento che fugge, l’istante che divora il tempo lavoro come un boccone ingurgitato in una frazione di secondo per non tardare l’appuntamento con la diretta, ebbene sì uno scintillante scontro dialettico su David Foster Wallace che “o piace troppo o non piace per nulla”.

POST di Gian Paolo Serino

POST di Angelo Cennamo

Sono a metà di Infinite Jest e mo’ che faccio? Ovviamente arrivare fino in fondo e leggere il resto della sua enorme produzione; tra qualche anno dovrò pure dimostrare che chi non ha mai giocato a tennis, borghese o proletario fa lo stesso, non può sapere la differenza tra rimettere una palla in campo e sfidare la geometria del campo osando un punto vincente, un colpo imprendibile cui l’avversario può solo inchinare la testa e applaudire in segno d’ammirazione.

Meravigliosa partita dialettica, tutt’altro che materialista, anzi pura essenza di gusto soggettivo radicato nelle conoscenze personali. Sì, mirabile scontro tra personalità elitarie che rendono degno il genere umano. Sì, perché è possibile che domani mattina META fallisce, muore Facebook e questa partita per me memorabile tra Gian Paolo e Angelo sparisce dalla mia memoria, come un singhiozzo strozzato in gola.

Cosa c’entra Marx? Marx c’entra sempre: chi lo studia vince! Sembra assurdo nel XXI secolo, eppure è così, a massimizzare il pluslavoro regalato al capitalismo è il lavoratore stesso capace di lavorare a perdere, a consumarsi fino all’indecenza, fino a morire. Perché? Ringrazio Giorgio per il suo “telegram”, e beh, ha citato un grande scrittore con un passo di cui non avevo più memoria:

“Dove c’è lavoro per uno, accorrono in cento. Se quell’uno guadagna trenta cents, io mi contento di venticinque. Se quello ne prende venticinque, io lo faccio per venti. No, prendete me, io ho fame, posso farlo per quindici. Io ho bambini, ho i bambini che han fame! io lavoro per niente; per il solo mantenimento. Li vedeste, i miei bambini! Pustole in tutto il corpo, deboli che non stanno in piedi. Mi lasciate portar via un po’ di frutta, di quella a terra, abbattuta dal vento, e mi date un po’ di carne per fare il brodo ai miei bambini, e io non chiedo altro. E questo, per taluno, è un bene, perché fa calar le paghe mantenendo invariati i prezzi. I grandi proprietari giubilano, e fanno stampare altre migliaia di prospettini di propaganda per attirare altre ondate di straccioni. E le paghe continuano a calare, e i prezzi restano invariati. Così tra poco riavremo finalmente la schiavitù”. – John Steinbeck – Furore – 1939

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