PIER VITTORIO TONDELLI

un commento a Altri libertini, Feltrinelli, trentesima edizione, 2021

Seguendo i consigli di un diavolo si accede alla letteratura che ti porta per mano dentro gli inferni luminosi delle vicende umane. Sì, perché la luce più forte la fanno le fiamme. La mia fortuna è di avere un orologio sincronizzato con il battere delle ali di quella farfalla che scatena gli uragani nell’altra parte del mondo, e per tanto l’azione di prendere e conoscere un autore e un libro definito universalmente una rivoluzione letteraria, non poteva che scatenare in me una tempesta. E così è stato. Non è mai scontato: credo che ogni lettore abbia i suoi filtri e i suoi momenti unici, le sue esperienze, un vissuto che diventa corazza e arma letale di difesa contro ogni novità: non è mai scontato apprezzare ciò che è osannato da altri.

Questo non è un diario per letterati e fini conoscitori di ogni scrittore italiano o straniero, soprattutto masticatore appassionato di tutte le opere di chi ha ha lasciato e lascia in eredità all’umanità i capolavori della scrittura nella sua forma più artistica, innovativa ed immortale. Non lo è se l’approccio è quello di ricercare parole nuove e non già dette, già raccontate. In questo diario lo spirito che accende le sue pagine è il semplice racconto di letture mai fatte e pertanto, vergini e meravigliate come quelle che solo la prima volta riesce a far amare o maledire per sempre…

young woman standing near fire and sea

È vero quindi, non si può fare a meno di Tondelli e di questo devastante Altri libertini, anche a distanza di oltre quarant’anni dalla sua prima pubblicazione. Rivoluzionario, attuale, vero, crudo, respingente e attrattivo nello stesso tempo, come solo una discesa negli inferi può essere immaginata.

Sarà l’età ma comunque mi affascina l’idea di pensare a come poteva cambiare la mia esistenza se questo libro l’avessi letto nello stesso tempo in cui vivevo le stesse vicende (qualcosa in più qualcosa in meno) raccontate in Altri libertini nei nostri anni ottanta del secolo scorso. La potenza della scrittura straborda dalle storie facendone un groviglio di malesseri, torture, follie, sconfitte, estasi e tormenti che mi hanno trapanato il cervello dando ai miei occhi sulla realtà connessioni nuove e mai aperte. Ebbene sì, nonostante l’età. Io ero bimbo nel ’77 anche se a quell’epoca, ma succede in ogni epoca in ogni agglomerato urbano, i bimbi che crescono in strada un po’ giocano e un po’ fanno gang a mani nude, ma queste sono altre storie.

Pier Vittorio Tondelli
Pier Vittorio Tondelli

ScoprireAltri libertini senza conoscere niente di Tondelli, lo consiglio: più passa il tempo e più è possibile poiché siamo oggi nell’epoca post-apocalittica della comunicazione globale, quella che qualcuno definisce il trionfo dell’ignoranza diffusa. Scoprire che nel 1980 questo libro gareggiava nelle classifiche di vendita con Il nome della rosa di Umberto Eco, sembra veramente assurdo, eppure quella competizione “intellettuale” è un fatto storico, è successo in questa italietta immensa, proprio oggi campione d’Europa di calcio maschile e di volley femminile, un trionfo atletico ed estetico di squadre di bellissimi corpi umani; ammirazione che diventa estasi pensando ai successi olimpici!

Il giorno dopo la mia prima lettura di Pier Vittorio, prima di fare un commento ho googlato il suo cognome e… due articoli, dallo scibile globale sono emersi e hanno assestato un colpo letale alle mie già striminzite certezze, per capirci: «Hai presente il sonoro scuzzettone alla matricola nel gioco dello schiaffo del soldato?», si quello, per capirci!

Un altro libertino come Pier Vittorio Tondelli di SERENA VOTANO
Pier Vittorio Tondelli, il contestatore oltre la rivoluzione di Biagio Castaldo

Non servirebbe altro come invito alla lettura di quest’opera, eppure non resisto, battere sulla tastiera le parole di Tondelli leggendole dalla carta del suo libro, è per me come recitare una preghiera:

Ecco l’incipit del racconto il Postoristoro:

Sono giorni ormai che piove e fa freddo e la burrasca ghiacciata costringe le notti ai tavoli del Posto Ristoro, luce sciatta e livida, neon ammuffiti, odore di ferrovia, polvere gialla rossiccia che si deposita lenta sui vetri, sugli sgabelli e nell’aria di svacco pubblico che respiriamo annoiati, maledetto inverno, davvero maledette notti alla stazione, chiacchiere e giochi di carte e il bicchiere colmo davanti, gli amici scoppiati pensano si scioglie così dicembre, basta una bottiglia sempre piena, finché dura il fumo.

Inserisco solo altri due brevissimi estratti: quello che si deve leggere dentro, nelle visceri del racconto tra questi due eventi, è una tempesta della carne che travolge, che credo sia impossibile anche solo pensare di visualizzare in un film.

Così è restato cattivo sangue anche se al Posto Ristoro ci si dimentica piano piano di tutto perché la vita è davvero vita cioè una porcheria dietro l’altra e allora è come sbattere giù merda ogni giorno che poi ti dimentichi che fa schifo, e ne diventi magari goloso.

Dentro l’ago, zac.

Gli altri racconti sono Mimi e istrioni, Viaggio, Senso Contrario, Altri libertini e Autobahn, un tutt’uno indivisibile che fa dell’immobilità e del viaggio la dimensionalità spaziale senza uscita dall’illusione in cui siamo costretti e ci piace andare. Quelli non sono anni ripetibili perchè ogni generazione ha i suoi anni incredibili e il suo mare, ogni generazione però ripercorre le stesse scoperte, gli stessi drammi, tragedie, felicità e perversioni, gli stessi amori eterni che finiscono. La scrittura di Tondelli ha reso le “solite cose” schiaffi ripetuti all’ipocrisia del perbenismo che fa vinta di non vedere, fa finta di nascondere a se stesso quando invece se ne nutre nell’intimo per sopravvivere nel segreto dei propri peccati incofessabili. E poi la felicità, semplice, precaria, a piccole dosi, irragiungibile, la vera droga della vita: un trip acido dalla nascita alla morte.

Dice che abbiamo pagato troppo caro il prezzo per la ricerca di una nostra autenticità, che tutto quanto abbiamo fatto era giusto e lecito e sacrosanto perché lo si è voluto e questo basta a giustificare ogni azione, ma i tempi son duri e la realtà del quotidiano anche e ci si ritrova sempre a fare i conti con qualche superego malamente digerito; che è stata tutta un’illusione, che non siamo mai state tanto libere come ora che conosciamo il peso effettivo dei condizionamenti.

nuvole

Però subito il giorno dopo a mezzogiorno si ritrovano e stanno a far l’amore chiusi in casa e mangiano e bevono e fumano e scopano ed è questo star bene diosanto, questa è bellavita, avere una gratificazione dietro l’altra e non pensare a niente se non ad abbracciarsi e succhiarsi da ogni parte. Questa sì sarebbe bellavita poterla far per sempre mica bisogno di soldi e lavorare e studiare e partire e perdersi…

Col naso in aria fiutate il vento, strapazzate le nubi all’orizzonte, forza, è ora di partire, forza tutti insieme incontro all’avventuraaaaa!

Quanta ironia con il senno di poi (leggi la dichiarazione di D’Alema nell’articolo di Biagio Castaldo), è proprio vero: “Non è detto che chi viaggia con una ‘500 non possa andare più lontano” – autocit. 🙂

… dimenticavo, se non sai cos’è uno “scuzzettone”… è proprio quello che dice di sentire il protagonista nella canzone che segue, mentre cammina con le mani nel pantalone… in caserma o per strada, la vita è un trip acido dalla nascita alla morte.

Ogni ‘vvota ‘ca me sento ‘sta canzone
Me pare ‘nu guaglione ‘ca more appriesso a te
Me ne vaco ‘cu ‘sti ‘mmane ind’o cazone
Sent’ ‘nu scuzzettone, n’amico ‘ca me fa…